Un libro che ricostruisce l'uso politico degli scacchi nei totalitarismi
del Novecento, dalla Russia di Stalin alla Germania di Hitler. La
rivoluzione russa e l’interessamento del regime bolscevico fecero la
fortuna degli scacchi tra la prima e la seconda guerra mondiale. La
guerra fredda consolidò questa fortuna, l’intero mondo divenne una
scacchiera su cui le due superpotenze giocavano le loro mosse. Non deve
stupire troppo che i totalitarismi si siano interessati agli scacchi.
Tutte le attività dovevano essere poste sotto controllo e finalizzate
all’ideologia. E così, se i sovietici hanno attribuito un determinato
senso agli scacchi (in un certo periodo come momento rivoluzionario di
alfabetizzazione delle masse, in un altro come dimostrazione della
superiorità di un sistema ideologico sull’altro) i nazisti li hanno
assimilati rielaborandoli secondo la loro ideologia (scacchi ariani e
non-ariani). Questo libro rivisita la storia del Novecento attraverso
una lente del tutto speciale, quella del millenario gioco degli scacchi
divenuto, in Occidente, il gioco da tavolo per eccellenza.